"chi fa da sé fa per 3"

Questo blog è nato come un blog di controinformazione dopo il sisma del 6 aprile 2009. Ora che i riflettori su L'Aquila si sono spenti e l'unico terremoto che investe la città è quello della crisi generata da questo sistema capitalistico che deve essere rovesciato, esso rimane in vita per dare voce ai senza voce, a coloro che, pur vivendo e lottando in questa città, non trovano spazio nei media, anche se si definiscono "liberi e indipendenti"

giovedì 3 dicembre 2009

Subappalti non autorizzati, la gestione opaca di Bertolaso

La gestione opaca di miliardi di euro da parte del Dipartimento di Protezione civile non è più solo un problema di trasparenza, di infiltrazioni criminali o di commistione tra Affari & Politica.

Ormai assume i contorni di un sistema ben oliato che consente ad amici e amici degli amici di spartirsi la ricca torta dell’emergenza e della ricostruzione. Un sistema che permette di aggirare regole e norme dello stato di diritto e operare, con il pretesto dell’emergenza, in deroga a tutto, anche alla Costituzione.

Un sistema che, all’occorrenza, interviene persino per aggirare ed eludere i controlli. Vediamo come tutto ciò è reso possibile dalla Protezione civile targata Bertolaso.

Sempre peggio. La gestione dell’affare bagni chimici e le forniture di beni e servizi della prima emergenza, le modalità in cui sono avvenuti i ritiri dei certificati antimafia a varie ditte (tra cui l’Impresa Di Marco srl), il subappalto senza gara a una ditta del senatore nonchè coordinatore del Pdl in Abruzzo Filippo Piccone, l’inchiesta della Procura di Pescara sulla realizzazione degli uffici Asl di L’Aquila oppure quella sulla costruzione della nuova Casa dello studente da parte della regione Lombardia, sono tutti casi che presi singolarmente fanno pensare a qualcosa che non funziona per semplice incapacità di chi gestisce e coordina. Ma se si prova a guardare il problema da un’altra ottica, cioè se si ipotizza che invece il sistema messo in piedi a L’Aquila è stato plasmato dal Dipartimento di Protezione civile proprio per poter ottenere questi effetti, allora ci si rende conto che il sistema funziona alla perfezione. E il panorama che emerge è da far tremare i polsi.

Limitiamoci, a titolo di esempio, ad analizzare quello che sta succedendo intorno all’affare al momento più grosso, quello che ruota intorno alle centinaia di milioni di euro del Progetto CASE.

Subito dopo la scossa del 6 aprile il Dipartimento esautora gli enti locali dei loro poteri, disarticola le forze dell’ordine nelle loro funzioni e - dopo averlo spopolato di gran parte dei suoi abitanti - militarizza il territorio. Contemporaneamente, la Protezione civile avvia il Progetto CASE e assegna appalti per centinaia di milioni di euro per la costruzione di 4.700 nuovi alloggi. Lo fa senza coinvolgere gli enti locali e in deroga a tutto: leggi urbanistiche, Piani regolatori, Piani paesistici e - soprattutto - alla legge sugli appalti.

Lo fa utilizzando due poteri che gli vengono concessi in nome dell’emergenza: il Potere di Ordinanza, cioè scrivendosi le leggi da sola, e il Potere di di Deroga, cioè eludere le altre leggi vigenti. Soprattutto può farlo senza passaggi parlamentari e senza controlli, nemmeno della Corte dei Conti. Un sistema di poteri straordinari fuori da ogni controllo che - se non viene maneggiato con cura o se viene posto nelle mani sbagliate - può portare a esiti imprevedibili e produrre il disastro.
Un caso emblematico, dicevamo, è quello del Progetto CASE. Il Dipartimento elabora il progetto e dispone il bando di gara a cui - per la sua stessa natura e per i tempi stretti di realizzazione - possono rispondere solo poche ditte.

Contemporaneamente con apposita ordinanza il Dipartimento aumenta le opere subappaltabili dal 30% fino al 50% dei lavori: il risultato pratico e che così la metà dei finanziamenti vengono assegnati senza alcuna gara, per affidamento diretto.
A denunciare le prime presenze sospette nei cantieri sono articoli di stampa e scatta così l’allarme sul rischio infiltrazioni ma, di fatto, non si forniscono alle forze dell’ordine gli strumenti di controllo per le verifiche delle ditte impegnate nei cantieri e quelli previsti nel decreto non vengono resi operativi.

Le “Linee guida” indicate dal “Comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere“ e persino l’allaccio telematico della prefettura alle Banche dati del CED non arrivano o arrivano con forte ritardo. Strumenti fondamentali quali la “Anagrafe informatica di elenchi di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso” - cui dovrebbero rivolgersi gli esecutori dei lavori oggetto del decreto Abruzzo - non viene ancora creata e nemmeno viene emanato il decreto per la Tracciabilità dei flussi finanziari. Inoltre, non si conosce ancora la composizione e nemmeno se è operativa la “Sezione specializzatalocalizzata in Prefettura. E poi ancora: non risulta ancora emanato nemmeno il decreto che renderebbe operativi altri strumenti di contrasto, quali il Gicer, cioè il Gruppo interforze centrale per l’emergenza e ricostruzione.

Solo maglie larghe nell’assegnazione di appalti e subappalti e assenza di strumenti idonei di controllo? No, c’é di più.

Molte ditte subappaltrici avrebbero iniziato i lavori nei cantieri senza la necessaria comunicazione di accettazione da parte della stazione appaltante, cioè la Protezione civile. Nel fare bandi e ordinanze al potente “Ufficio consulenze legali” del Dipartimento si sono dimenticati di derogare anche a questa norma: si apre così una falla che rischia di diventare una voragine.

Le forze dell’ordine, malgrado i pochi mezzi a disposizione, si mettono comunque al lavoro ed eseguono una serie di accessi direttamente nei cantieri per le verifiche: accertano così la presenza di almeno 132 imprese al lavoro con posizione irregolare. A questo punto nel Dipartimento si sentono mancare la terra sotto i piedi e la preoccupazione diventa panico: tutto il castello di appalti e subappalti rischia di franare rovinosamente con conseguenze imprevedibili.

A questo punto, direte voi, la Protezione civile, cosa fa? Prende provvedimenti contro le ditte per subappalto non autorizzato? No, ricorre ancora una volta al potere di ordinanza e di deroga e con il gioco ancora in corso cambia le regole.

A metà novembre, con l’Ordinanza n. 3820, nell’art 2 inserisce il comma 2. Con una mossa maldestra il Dipartimento elimina - retroattivamente - il reato di subappalto non autorizzato. Un intervento di una gravità inaudita, un colpo di spugna che impedisce non solo gli accertamenti e le verifiche su almeno 132 subappalti sospetti, ma rende inutilizzabili le prove già raccolte da parte delle forze dell’ordine.

Come risulta sempre più evidente, quella della emergenza terremoto è una gestione al limite della legalità e ben oltre quello della decenza. Si spera che qualcuno prima o poi chiamerà il Dipartimento a rendere conto del suo operato ai cittadini e non solo.


Angelo Venti

su TERRA del 3 dicembre 2009

lunedì 16 novembre 2009

L'accordo Transcom - sindacati confederali - enti locali sulla pelle di 276 lavoratrici e lavoratori

VERGOGNA! UN ACCORDO FIRMATO SULLA TESTA DEI LAVORATORI

La politica aziendale di Transcom Worldwide S.p.A. applicata alla sede aquilana ha manifestato un livello di cinismo inaccettabile con il licenziamento collettivo dell'80% dei suoi dipendenti.
Non ci sono parole, soprattutto se si inserisce tale decisione in una tragedia collettiva come quella del terremoto che ha devastato la vita economica, culturale e sociale di un'intera città, dei suoi abitanti e del suo territorio.
Mentre da tutta Italia arrivavano attestati, spesso anche concreti, di solidarietà e mentre altre aziende dell'Aquila tutelavano, prima di tutto mantenendo attive le loro sedi, i propri dipendenti con ogni forma di solidarietà, Transcom pensava bene di togliere il lavoro, approfittando della tragica situazione di emergenza che riguardava i suoi dipendenti.
Non ci sono limiti alla voglia di profitto di tali managers, che hanno approfittato degli incentivi (lèggasi sgravi fiscali) per insediarsi in città e poi, venuti meno questi, minacciavano già da anni di andarsene!
Il terremoto ha dato loro la "giusta" opportunità di farlo.
Il 9 novembre è stato firmato da tutte le organizzazioni sindacali, dagli enti locali e dall'azienda un accordo che consente di fatto a TWW di liberarsi dei 4/5 dei suoi dipendenti, mantenendo aperta la sede dell'Aquila con soltanto 69 unità su 345 per poter utilizzare la commessa milionaria dell'INPS-INAIL (che non sarà comunque gestita nel sito aquilano) e per poter usufruire, in seguito, dei probabili benefici fiscali derivanti dalla "zona franca urbana", magari assumendo altre persone con i più svariati contratti a termine.
E, nonostante il comportamento indegno di TWW di tutti questi mesi, in data 1 novembre "un gruppo di lavoratori della Transcom" ha fatto pubblicare una lettera sul quotidiano "Il Centro", nella quale si esprime profonda gratitudine nei confronti di un'azienda che ha dato loro l'opportunità di continuare a lavorare a Roma (!!!). La lettera è piena di considerazioni sentimental-romantiche sul terremoto, sulle macerie, sulle vite sconvolte e spezzate, sulle case distrutte, tutte cose che pare riguardino solo e soltanto tale gruppo trasferitosi a Roma. E, mentre quest'ultimo era alle prese con una tragedia che, invece, gli altri dipendenti sembra non stessero vivendo, "l'azienda non si tira indietro e ci offre di continuare a lavorare in via temporanea presso una sede diversa da quella dell'Aquila".
Il gruppo, poi, continua la propria lettera in maniera ancor più vergognosa affermando: "Per questo noi lavoratori Transcom, da 7 mesi, stiamo facendo un duro sacrificio con l'augurio di poter tornare a svolgere le nostre attività professionali nella sede dell'Aquila. Transcom è un'azienda che, malgrado i suoi sbagli, le sue rigide regole lavorative e le promesse disattese, ci ha dato la possibilità, per nove anni, di poter percepire ogni mese uno stipendio che ha giovato non solo a livello personale e familiare, ma ha anche provveduto a far girare l'economia della nostra città."
Come se lo stipendio che l'azienda "benefattrice" ci ha elargito con grande generosità non ce lo fossimo guadagnato tutto, con competenza e professionalità indiscutibili e producendo un cospicuo fatturato per TWW in tutti questi anni! E come se percepire uno stipendio lavorando sia una cosa del tutto eccezionale e non ordinaria e dovuta come è nella logica delle cose.

Ricordiamo, a titolo di esempio, che tra le macerie è morta una nostra collega e che l'azienda si è guardata bene dal fare una dichiarazione ufficiale di cordoglio per tale perdita umana. Ciò basterebbe da solo a dimostrare la grande sensibilità di tale azienda...

Come dipendenti TWW ci dissociamo totalmente dalle dichiarazioni farneticanti del gruppo di cui sopra.
Così come rigettiamo in toto l'accordo firmato il 9 novembre e ci riserviamo di inviare nuove comunicazioni per informare adeguatamente l'opinione pubblica su questa desolante vicenda.

Un gruppo di lavoratori Transcom dell'Aquila

lunedì 12 ottobre 2009

Grazie Cialente, non ci hai lasciato niente. Piazza d'armi è ancora nelle tende






Una ventina di sfollati del campo di piazza d'armi stamattina hanno tenuto un presidio con blocco stradale intermittente, davanti la rotonda di Piazza d'armi. 2 striscioni sono stati esposti: "nessuno o tutti, o tutti o niente _ non si può salvarsi da sè. per una rete di soccorso popolare" "grazie Cialente, ci hai lasciato senza niente_ piazza d'armi ancora nelle tende". Davanti a un imponente schieramento di forze dell'ordine (nonostante la manifestazione non fosse stata ufficializzata), gli sfollati di piazza d'armi sono usciti finalmente dal buio dove sono stati relegati sinora. A., disabile al 100%, ha preso il megafono in mano e ha urlato tutta la sua rabbia: "sindaco di merda hai lasciato nella merda anche i disabili gravi!". Vincenzo ha quasi 50 anni è disoccupato, vive nel campo con la madre di oltre 80 anni, costretta sulla sedia a rotelle, e con un fratello più piccolo, l'unico che lavora. Per loro (per lui) ha parlato Luigia: "in questo campo, senza servizi igienici, senza assistenza sanitaria e senza alimenti, vivono ancora disabili e anziani...ecc." G. questa volta non si è voluto esporre, ha già fatto troppo casino da solo e senza l'appoggio di nessuno. Resta al margine. Due giorni fà è giunto a minacciare pubblicamente il sindaco di morte ed è stato allontanato dalle guardie. Il sindaco lo conosce da quando erano bambini, lo ha votato e ha ancora in tasca la tessera del P.D. Mi dice: io sono ancora comunista, ma loro, lui, mi hanno fatto venire un'infarto....devono pagare. Appena mi sento meglio farò giustizia... Rabbia, rabbia, tanta rabbia, soffocata in un deserto di cemento e falsità. Interventi al megafono si sono susseguiti, mentre gli sfollati attraversavano la strada per creare disagi nel trafico. Verso l'ora di pranzo abbiamo apparecchiato in mezzo alla strada: un tavolo di plastica, un pò di sedie, una bottiglia di vino e spaghetti della c.e.e. al pomodoro.Giustifica "Quello che mangiamo e beviamo lo abbiamo ottenuto con soldi nostri, dal comune, dalla provincia e dalla protezione civile nessun aiuto". Quello che segue è il comunicato letto al megafono e condiviso dagli sfollati di piazza d'armi che hanno manifestato: "Nessuno o tutti -- o tutto o niente. Non si può salvarsi da sé." (Bertold Brecht) Non ci sono C.A.S.E. per tutti e non ci saranno Si sono spesi milioni di euro per un G8 che ha arrecato grandi disagi agli sfollati e grandi vantaggi ai potenti. Ci hanno usato come comparse per il loro teatrino e neanche ci hanno pagato. Si sono spesi milioni di euro per alloggi tutt'altro che provvisori per dare un tetto solo a pochi, cementificando irreversibilmente tutto l'Aquilano a vantaggio della mafia e delle cordate immobiliari legate alle istituzioni e alla stessa protezione civile NOI abbiamo resistito 6 mesi alla dura vita delle tendopoli per non abbandonare il nostro territorio. NOI abbiamo inghiottito tutte le lacrime che ci restavano per i cari che abbiamo perso in una tragedia annunciata, spazzata via dai padroni della terra per cancellare le proprie responsabilità Adesso Ci hanno lasciato senza niente, abbandonandoci al degrado, alla fame, alla violenza, alla povertà. Solo l'immondizia ci hanno lasciato. Adesso Vogliono deportarci in massa lontani dalle nostre vere case, dal lavoro (per chi ancora ce l'ha) dai nostri affetti, dai nostri ricordi, dalla nostra vita, senza la sicurezza di poter tornare. Non ci sono C.A.S.E. per tutti e non ci saranno Ma allora quelle che hanno fatto, per chi sono? Per cosa sono? A chi servono? Arriverà il freddo, la neve e noi? Hanno fatto di questa città un'enorme discarica e dei suoi cittadini "scomodi" rifiuti ingombranti, da tenere lontani dai riflettori e portare via con una ruspa per seppellirli insieme alle altre macerie. La loro coscienza odora di morte. Quel lezzo, la loro coscienza, la loro immondizia, oggi noi cercheremo di far emergere dal buco nero di piazza d'armi. GRAZIE CIALENTE, CI HAI LASCIATO SENZA NIENTE PIAZZA D'ARMI E' ANCORA NELLE TENDE No alle deportazioni! Se colpiscono uno colpiscono tutti! per una rete di soccorso popolare GLI SFOLLATI DI PIAZZA D'ARMI

giovedì 8 ottobre 2009

Relazione dell'inchiesta tra gli sfollati

Inchiesta per una rete di soccorso popolare tra i terremotati d’Abruzzo

I dati riflettono la situazione degli intervistati al mese di giugno e sono stati raccolti in massima parte tra gli sfollati dei campi.
L’indagine non ha valore statistico, e per l’entità ridotta del campione e per la sua eterogeneità, ma porta con sé la voce della denuncia e la necessità dell’autorganizzazione. Ma facciamo prima un breve resoconto dell’inchiesta, rimandando alle tabelle e ai grafici in allegato per un’analisi più dettagliata

Un primo bilancio
Quasi la metà degli uomini intervistati e oltre i 2/3 delle donne che hanno risposto al questionario, hanno dichiarato di essere occupati, anche con lavori precari o a nero, prima del sisma del 6 aprile.
In seguito al sisma, il numero totale degli occupati intervistati si è dimezzato, a scapito soprattutto delle donne. Circa i ¾ degli intervistati, che hanno perso il lavoro dopo il sisma sono donne.
L’88% degli intervistati ha perso l’agibilità della propria abitazione. L’83 % abitava in una casa di edilizia privata e il 17 % in una casa popolare. Il 67 % viveva in una casa di proprietà e il 24% stava ancora pagando il mutuo.
Diversi intervistati hanno perso i propri famigliari a causa del sisma, sia nelle case di edilizia privata che in quelle di edilizia pubblica.

Responsabilità
Il 26% egli intervistati, soprattutto donne, ha notato lesioni nei propri luoghi di abitazione e/o lavoro prima del sisma e le ha segnalate agli organi competenti e/o al datore di lavoro, chiedendo più sicurezza.
Nel 23% dei casi, l’abitazione era stata spacciata per antisismica e il 53% degli intervistati ha ammesso di essere stato rassicurato e convinto a rientrare in casa, nonostante l’elevata probabilità di un evento sismico grave.
Un’operaia che viveva nelle case popolari afferma: “si è sempre vissuto con paura a causa dell’evidente fragilità delle strutture” (e meno male che si trattava di edilizia pubblica residenziale!).
Circa l’80% degli intervistati ha individuato genericamente nelle istituzioni le responsabilità di questa tragedia annunciata, attribuendo responsabilità specifiche, in ordine decrescente, a: Stato/Governo, Regione, Comune, Protezione Civile, Provincia.

Il 28% degli intervistati ha poi indicato nei costruttori specifiche responsabilità.
Al di là dei dati freddi dell’inchiesta, vogliamo riportare alcuni commenti a caldo rilasciati dagli intervistati al quesito: “Chi ritenete responsabili di quanto accaduto?”
“Stato, perché ha cambiato le direttive sismiche”
“Regione, Stato, gruppi politici-economici-affaristici”
“Tutte le istituzioni, compresa la protezione civile, che ha rassicurato anziché fare le tendopoli già da una settimana prima”
E ancora: “Chi ha declassato L’Aquila da zona 1 a zona 2 e la protezione civile”, “Tutti”, “Assassini, si sparassero…”, “i politici”, “lo Stato e le ditte edilizie per la scarsa qualità delle abitazioni”, “il Comune, che ha rilasciato il piano regolatore”, “Lo Stato, perché ha cambiato le direttive sismiche per costruire” ecc.

Soccorsi
Il 69% degli intervistati ha denunciato soccorsi tardivi o insufficienti. Alla domanda: “Dalle h 3,32 del 6 aprile, dopo quanto tempo avete ricevuto i primi soccorsi dagli organismi preposti?
“dopo 3 giorni ho ricevuto i primi soccorsi, perché sono venuta io al campo”, dice una donna che in un solo giorno ha perso oltre alla casa anche il lavoro che aveva appena trovato; “dopo 7 giorni e li ho cercati io” dice un’altra. Nei casi più fortunati, se così si può dire, gli intervistati hanno ricevuto i primi soccorsi dopo circa 2 ore e quasi sempre si è trattato degli autobus che li hanno portati al mare, dove sono rimasti per diversi mesi.
Tra i maggiori disagi vissuti dentro e fuori le tendopoli, che gli sfollati hanno ritenuto segnalare, il primo posto spetta alla militarizzazione (76%), seguito, in ordine decrescente, da convivenza forzata, mancanza di reddito (65%), mancanza di climatizzazione adeguata, mancanza di informazione (57%), burocrazia, mancanza di autonomia, scarsi servizi igienici, inattività/noia, ostacoli alla mobilità, sovraffollamento, disagi per le donne (33%), cattiva alimentazione, assistenza sanitaria inadeguata, scarsa partecipazione, inefficienza.
Il 74 % degli intervistati si è espresso nel senso di un peggioramento di tali disagi in vista del G8, ma evidentemente non c’era, da parte dei comitati, la volontà di ascoltare e organizzare l’espressione di questi disagi e di questa rabbia, evidentemente troppo critica nei confronti delle istituzioni locali.

Partecipazione e disponibilità a mobilitarsi
Di fatto, a giugno inoltrato, dopo la manifestazione del 16, più del 30 % degli intervistati dichiarava di non essere a conoscenza della campagna 100%, promossa dai comitati cittadini. Non si è trattato solo di un problema di comunicazione e di informazione (la campagna 100% e i comitati avevano ormai acquistato grande visibilità, sia su “Il centro” che in città, con enormi manifesti di propaganda e a livello nazionale), ma anche di trasparenza e partecipazione. Trasparenza, perché la rete dei comitati cittadini si è ben guardata dallo stigmatizzare l’ambiguità delle istituzioni locali prima e dopo il terremoto. Partecipazione, perché questa è rimasta di fatto un enunciato al 3° punto della campagna 100% e i cittadini in carne e ossa non sono stati chiamati ad esprimersi sul contenuto della stessa, se non con una firma a piattaforma già decisa. Si è voluto, in ultima analisi, accordare ai cittadini un ruolo marginale, da utenti e non da protagonisti, anche nelle scelte che riguardavano la lotta e le iniziative di mobilitazione dei comitati. La stessa passività che un regime finto democratico richiede ai suoi elettori: un voto acritico.
Un dato importante da segnalare è infatti quello relativo all’area di compilazione dei questionari dell’inchiesta. Solo una minima parte di essi è stata compilata tra le soggettività che si potrebbero definire “più attive” nel movimento degli sfollati, ossia i comitati cittadini, presenti alle manifestazioni di maggio e giugno. La stessa inchiesta, che ho cercato di promuovere a partire dalla manifestazione del 30 maggio, è stata, per dirla in maniera morbida, ignorata dai comitati. Infatti in quella occasione mi è stato negato per la prima volta l’accesso al megafono da parte di alcuni rappresentanti dei comitati, per presentare l’inchiesta e lasciare il mio contatto.
Tra le masse invece, l’inchiesta è stata accolta con una certa curiosità e superata un’iniziale diffidenza, i cittadini hanno espresso senza bavagli le loro opinioni e i loro disagi. Da questi bisognava partire per costruire una rete orizzontale e partecipata di mobilitazione.
Per gran parte degli intervistati, la condizione maggiore di sofferenza non era la mancata “ricostruzione al 100%”, ma proveniva dall’aspetto invasivo e militare della cosiddetta macchina dei soccorsi, un aspetto destinato ad amplificarsi durante il G8, fino a stravolgere completamente il senso di quella presenza in funzione antidemocratica e oppressiva.
Questo la rete dei comitati ha voluto ignorare, difendendo le non scelte e le traballanti prese di posizione del sindaco e delle amministrazioni locali.
Gran parte degli intervistati, reclamava realmente trasparenza e partecipazione al 100%, non solo dalle istituzioni ma dagli stessi comitati cittadini, anche da quelli di una certa sinistra collusa col potere.
Anche questo la rete dei comitati ha voluto ignorare.
Questa inchiesta no. Nel suo piccolo era a questi cittadini inascoltati, lontani dai megafoni e dal palcoscenico che voleva dar voce e lo sta facendo.

Il 74% degli intervistati, molti dei quali nel campo di Piazza d’armi e fuori dalla rete dei comitati, temeva il G8 perché già pativa una forte militarizzazione del territorio e della propria vita e non si aspettava nulla di buono, né soldi, né lavoro da un evento come quello, al contrario di alcuni padroni, come Natalia Nunzia, che dopo aver alloggiato per mesi al grand hotel di Montesilvano e fatto soldi col G8 per un nuovo torrone, sfilava il 9 luglio con la rete dei comitati, esibendo il cartello delle last ladies e sorreggendo lo striscione yes we camp!!!

Per finire con l’inchiesta, l’81 % degli intervistati ha comunque dato la propria disponibilità a mobilitarsi in iniziative realmente partecipative.
Se questa disponibilità è venuta a mancare bisognerà pur chiedersi il perché e questo non tanto per polemizzare quanto per non ripetere gli errori.
Alla domanda finale dell’inchiesta (Sareste disponibili a riprendere la vostra attività e/o a partecipare attivamente ad iniziative sulle vostre condizioni di vita, lavoro, abitazione, proponendo piattaforme, punti di rivendicazione, organizzazione ecc? ) è stato lasciato uno spazio libero per gli intervistati. Riportiamo di seguito le espressioni più significative:
“dipende con chi, non con quei ricconi del mio paese, che sono dei privilegiati, ammanicati col sindaco e non hanno avuto danni…”
“ridateci le case con la struttura antisismica!!!”
“basta che se ne vanno e ci lasciano in pace nella ricostruzione della nostra città!”
“ridateci le case come erano prima e dateci i soldi per ristrutturarle”
“Punti di organizzazione, Informazione, abbattimento delle tendopoli, liberazione dal terrore”
“sì, c’è poca iniziativa da parte degli organi di stampa locale e di informazione in generale”

Ma quella più gettonata era la richiesta di lavoro:
“sono disponibile a lavorare, se no ce moremo de fame tutti quanti!”

E' vietato esprimere le proprie opinioni quando passa Berlusconi


Il 29 settembre all'Aquila, davanti ai dormitori del piano C.A.S.E. di Bazzano, non c'erano soltanto i fans di Berlusconi e i suoi "salvati" a fare gli auguri al Presidente. C'erano anche alcuni sfollati che hanno provato a raggiungere il Dio dei miracoli per svelarne la vera identità e la sua propensione a ogni tipo di perversione. Sono andati lì con un manifesto funebre con su scritto: "sotto questi ghetti giace L'Aquila. Buon compleanno, necrofilo"
Nessun giornalista li ha degnati di attenzione, tutti intenti com'erano a immortalare i successi del presidente e a censurare i contestatori, ma loro erano lì, decisi a dare i loro auguri a Berlusconi e guardati a vista dalle forze di insicurezza. Quando però il Presidente di questa repubblica delle banane stava per passare davanti a quei pazzi, le forze dell'ordine si sono scagliate loro contro, a strappargli dalle mani il manifesto per ridurlo in 1000 pezzi e a identificare i "dissidenti". Gli hanno detto: "oggi è vietato esprimere le proprie opinioni".
Ci dispiace non aver potuto fare i nostri auguri a Berlusconi, credevamo di essere dei liberi cittadini, com'è scritto sulla nostra Costituzione. Forse il Presidente non sa che anche noi eravamo lì a salutarlo, forse i giornalisti non ci hanno ignorato in malafede. Se così è, come speriamo che sia, preghiamo i signori giornalisti di far pervenire al Presidente anche i nostri auguri: "buon compleanno, necrofilo".
Alcuni terremotati abruzzesi

lunedì 28 settembre 2009

I rifiuti blindati di piazza d’armi


I rifiuti blindati di piazza d’armi

Una trentina di sfollati di piazza d’armi si sono opposti alla deportazione e sono rimasti nel campo.
Ci sono vecchi, bambini, persone con l’invalidità totale, italiani e stranieri.

La protezione civile gli ha lasciato solo le tende, una lavatrice, un cesso chimico e tanta monnezza.
Da oltre 10 giorni vivono in una vera e propria discarica. Non hanno cucina, né viveri.
Da oltre 10 giorni la Sebach non provvede allo svuotamento e pulizia del cesso.
Dalla protezione civile fanno sapere che ora la gestione del campo è di pertinenza del Comune. Ma il Sindaco non è mai stato lì, a vedere i ratti e i cani che sguazzano nella merda che sta allagando i cessi, la tenda tagliuzzata non si sa da chi, a una giovane donna residente nel campo, le bombole del gas abbandonate e tanti altri rifiuti lasciati dai militari che hanno smantellato la tendopoli.
Io ci sono stata, ho visto e ascoltato. Mi hanno detto che ora quel campo è terra di nessuno, che da quando è andata via la protezione civile è stato abbandonato a sé stesso e non c’è più vigilanza.
Ma la vigilanza io l’ho vista eccome. Da sabato, il giorno dell’assemblea cittadina i
n preparazione della manifestazione del 29, si è concretizzata con digos e polizia, sempre solerti quando annusano nell’aria odor di protesta.
Un ragazzo mi ha raccontato che in quel campo c’era la zona a luci rosse e la zona spaccio. Mi ha detto che la polizia sapeva tutto ma chiudeva entrambi gli occhi, anzi, nei giorni del G8, andava da loro e diceva: “drogatevi, vendetevi, consumate, basta che non facciate casino”.
Nei giorni del G8 quel ragazzo aveva perso la madre e non aveva un paio di pantaloni nuovi per andare al funerale. La polizia entrava nella tenda e lo bloccava per le gambe sul letto. “Non azzardarti ad uscire da questa tenda durante il G8, per una settimana rimarrai qui dentro!”
“drogatevi, vendetevi, consumate, basta che non facciate casino”

Ho dormito lì sabato notte e la mattina dopo volevo scattare qualche foto, per documentare le condizioni bestiali in cui esseri umani sono tenuti da questo Stato da “nobel per la pace”.
La prima foto l’ho scattata ai poliziotti che mi hanno subito bloccata, perquisita la macchina e trattenuta lì per un’ora. “E’ vietato fare foto”, mi hanno detto. “Non si può fotografare questo scempio?” – “chiamate i giornalisti e non immischiatevi” la risposta. E poi: “siete in visita agli ospiti del campo?” – “quali ospiti?, qui i terremotati non sono ospiti, qui è casa loro, questa discarica è casa loro” gli ho detto io (quei poliziotti venivano da Roma) - “qui non ci saranno servizi, ma non gli manca la SSICUREZZA”, ribatte lo sbirro.
L’amico che mi ha ospitato quella notte è venuto da me e loro gli hanno intimato di chiudersi in tenda.
“drogatevi, vendetevi, consumate, basta che non facciate casino”
Il mondo non deve conoscere la verità, la verità è rivoluzionaria…
“drogatevi, vendetevi, consumate, basta che non facciate casino”
Per il 29, quando Silvio verrà a strappare il suo nobel per la pace a Bazzano, tutto deve essere pulito e in ordine, nessuno deve sapere, nessuno deve protestare. I rifiuti e gli sfollati barbonizzati chiusi nella discarica di piazza d’armi.
“drogatevi, vendetevi, consumate, basta che non facciate casino”
Queste foto, la verità che contengono e la solidarietà le dedico ai miei amici di piazza d’armi.
A questo regime fascista e spietato, che vuole cancellare la libertà faccio i miei auguri di rivoluzione.
Chi non ha pietà non merita pietà.

Luigia, per una rete di soccorso popolare


domenica 6 settembre 2009

Nessuno o tutti

“Nessuno o tutti – o tutto o niente. Non si può salvarsi da sé.”
(Bertold Brecht)

Decine di migliaia di sfollati senza più lavoro né reddito, né case, né luoghi di studio sicuri per tutti gli studenti.

Diritto alla salute inesistente. Dopo aver consentito lo svolgimento di un G8 da 500 milioni di euro sopra una sanitopoli che saremo sempre noi a pagare, i “clienti” dell’Azienda Sanitaria Locale si vedranno scippata anche questa.

Dopo aver resistito 5 mesi alla dura vita delle tendopoli per non abbandonare la propria città, ora anche noi verremo deportati lontano dall’Aquila, senza che siano pronte le case per tutti.
Il vero scopo di questa deportazione di massa è come al solito di natura elettoral-propagandistica - si mira a spacciare il piano C.A.S.E. e la politica del governo come un successo a livello internazionale - e speculativa – i cittadini saranno scoraggiati a tornare e incentivati a vendere le proprie case per pochi euro a immobiliaristi senza scrupoli (magari proprio alle immobiliari legate alla famiglia di Bertolaso e all’Eucentre, fondato dalla stessa protezione civile)

Su 70.000 sfollati, circa 16.000 sono i posti ufficialmente previsti nel piano C.A.S.E. per la fine dell’anno, dove andranno tutti gli altri terremotati?

Ogni alloggio del piano C.A.S.E. ha un costo base di 135.000 euro contro i 15.000 previsti per le case mobili nuove, mentre il 70% delle case mobili, utilizzate per dare riparo davvero temporaneo ai terremotati dell’Umbria e delle Marche, vengono lasciate a marcire a Capua, presso il deposito del Raggruppamento autonomo recupero beni mobili della Protezione civile (ora sotto inchiesta – e giustamente – per omicidio colposo plurimo)

I criteri per l’assegnazione delle C.A.S.E. (stabiliti da Comune e protezione civile), così come quelli per l’individuazione delle località dove entro la fine del mese saranno deportati tutti gli aquilani, stanno già scatenando una guerra tra poveri. I ricchi la faranno sotto traccia, mentre tutti tenteranno di salvarsi da sé.

Solo con l’autorganizzazione, il rifiuto della delega ed un processo di democrazia diretta è possibile rovesciare le politiche antipopolari e scongiurare la guerra tra poveri. C'è chi ancora si ostina a chiedere la requisizione di case sfitte agibili. C'è chi ancora mette avanti il dialogo con le istituzioni a una lotta di massa. C'è chi ancora cede al terrorismo delle istituzioni rinunciando ad essere protagonista del proprio futuro. Ma il futuro è di chi lotta, non di chi lo compra o, peggio, lo delega.
  • Noi crediamo che sia ora di occuparle le case sfitte agibili
  • Noi crediamo che solo una lotta di massa possa portare dei risultati e se le istituzioni non ci rappresentano vanno rovesciate
  • Noi crediamo che il futuro ci appartiene e lottiamo ogni momento per questo. Noi lottiamo per la vita, non per la sopravvivenza. Per la vita e per la memoria di tutto e di tutti.
Settembre non è tempo di migrare, ma di lottare energicamente e di opporsi alla rapina della nostra città e della nostra storia

ORA O MAI PIU’

rete di soccorso popolare
mumiafree@inventati.org

sabato 5 settembre 2009

“Nessuno o tutti – o tutto o niente. Non si può salvarsi da sé.”
(Bertold Brecht)

Decine di migliaia di sfollati senza più reddito; né case, né luoghi di studio per gli studenti universitari e non; diritto alla salute inesistente – dopo aver consentito lo svolgimento di un G8 da 500 milioni di euro sopra una sanitopoli che saremo sempre noi a pagare, i “clienti” dell’Azienda Sanitaria Locale si vedranno scippata anche questa.
Su 73.000 sfollati, 16.000 sono i posti ufficialmente previsti nel piano C.A.S.E., ma, nella migliore delle ipotesi, solo 4.000 di questi saranno pronti a settembre, sui cui cantieri, a Bazzano, giovedì 30 Berlusconi volerà per piantare le sue bandierine.
Dunque 69.000 sfollati a settembre non avranno un tetto per l’inverno.
Alcuni esempi di come Comune e protezione civile intendono formare la graduatoria, secondo anticipazioni ufficiose: ogni sfollato vale un punto, 1,5 punti in più per chi ha un lavoro, 5 punti per bambini fino a 5 anni, 2 per invalidi totali e per anziani sopra gli 85 anni.
Ma i veri “fortunati” saranno quelli che hanno avuto almeno un famigliare vittima del sisma che vale ben 5 punti. Così la casa, invece che un diritto garantito a tutti, diventa il risarcimento che i corresponsabili per mancato allarme della morte di 307 persone (Berlusconi e Bertolaso appunto), intendono pagare ai famigliari. 5 punti per ogni vittima innocente e la giustizia dei padroni è fatta.

Settembre è vicino, dopo le vacanze al via la guerra aperta tra poveri!
I ricchi la faranno sotto traccia.
Mentre tutti tenteranno di salvarsi da sé.

Il 10 luglio all’Aquila noi abbiamo osato. Eravamo circa 10.00 persone giunte da tutta Italia per manifestare contro “il G8 dei potenti sopra 300 vittime innocenti”. “Fuori gli sfruttatori, L’Aquila libera!”, abbiamo scritto, “Al G8 soldi tanti, agli sfollati calci ai denti” abbiamo urlato, ma soprattutto una promessa abbiamo fatto: “una rivolta vi seppellirà”. Nonostante la dittatura dell’emergenza della protezione civile, nonostante la campagna dissuasiva delle forze politiche e sindacali confederali e degli Enti locali, abbiamo agito in comune per il bene comune e non per il bene di 8 potenti.
Chi ha tentato di isolare le lotte dei terremotati aquilani dal movimento generale contro le politiche di sciacallaggio e devastazione globale delle risorse umane ed ambientali ha fallito.
I rappresentanti dei comitati cittadini, che pur definendosi apartitici e pur contestando adesso la rappresentatività del consiglio comunale, hanno di fatto seguito gli indirizzi del PD e del comune scegliendo di non contestare il G8 per evitare “facili strumentalizzazioni”, ora devono spiegare agli sfollati “chi strumentalizza chi e perché” (forse per le prossime amministrative?).
Il Sindaco dell’Aquila che in occasione del G8, per mendicare briciole, ha scelto di abdicare al suo ruolo di difensore degli interessi della città pur di non disturbare il manovratore, ora deve assumersene le responsabilità. Chi pecora si fa, lupo la mangia e l’attuale isteria del primo cittadino, mal cela l’inadeguatezza di questa amministrazione a gestire in maniera trasparente anche solo i flussi d’informazione sulla ricostruzione.
A tutti questi signori che in quei giorni gridavano “al lupo” per l’arrivo dei “no-global” ricordiamo che i veri lupi sono gli sciacalli al governo, sono le tutte le istituzioni e i partiti che hanno rilasciato autorizzazioni a costruire senza alcun vincolo di sicurezza, sono gli 8 potenti della terra, che di questa terra, svuotata dai suoi abitanti, lacerata dalla crisi e dal dolore, hanno fatto il palcoscenico della loro potenza.

Finito il G8, la lotta degli sfollati deve ancora cominciare

Solo con l’autorganizzazione, il rifiuto della delega ed un processo di democrazia diretta è possibile rovesciare le politiche antipopolari e scongiurare la guerra tra poveri.
Senza deleghe, autorganizzati, per un movimento di occupazioni delle case sfitte agibili come prima soluzione al problema più urgente.

Giovedì 30 ore 10:00
saremo al presidio cittadino davanti all’Emiciclo, da lì ci muoveremo per “salutare” il Presidente del Consiglio.

per una Rete di Soccorso Popolare

giovedì 30 luglio 2009

La guerra...


La guerra...


l'abbiamo sperimentata all'Aquila e la stiamo ancora sperimentando, quasi come cavie da laboratorio, ancora inconsapevoli di ciò che le attende. Speriamo ancora per poco.
La guerra ha molte facce e un solo mandante, il padrone. A volte questo assume il volto di una catastrofe naturale, poi, subito dopo, si assolve e mentre veste la maschera del nostro "salvatore", fomenta e prepara la guerra tra poveri: dividi et impera, sempre la stessa tattica per confondere il nemico, quella del forte con i deboli e debole con i forti. Il fine è sempre lo stesso: il denaro e il profitto.
Sono i padroni che all'Aquila hanno costruito case insicure ed ignorato il rischio sismico per aumentare i profitti. Lo Stato, le istituzioni e gli enti locali sono loro complici. Il governo e la protezione civile sono corresponsabili della morte, per mancato allarme, di 307 persone. Loro, che gestiscono in maniera dittatoriale l'emergenza e la ricostruzione, hanno ancora dato fiducia, appalti e sub-appalti ai padroni assassini. Il business della ricostruzione è sempre stato il motore della politica di guerra dei governi di destra e di sinistra.
Dopo questa tragedia annunciata, L'Aquila sembrava una città bombardata e i nostri assassini hanno immediatamente inviato qui le loro truppe di occupazione. Con il pretesto di aiutarci hanno militarizzato quasi tutta la provincia, hanno piantato le loro tende, ci hanno deportato sulla costa e disperso tra le tendopoli blindate, spacciandosi per i nostri salvatori, gli "eroi" mandati dagli sciacalli al governo e nelle istituzioni, a difendere la città con la più alta concentrazione di depositi bancari d'Italia da qualche romeno che cercava di recuperare grondaie di rame. Su 30.000 sfollati rimasti all'Aquila c'erano 70.000 divise.
Approfittando dello shock, della nostra oggettiva vulnerabilità, hanno di fatto privato la popolazione della propria autonomia, avviando un processo di abbrutimento e infantilizzazione degli "assistiti" con l'obbiettivo, molto mediatico, di conquistarne l'obbedienza e la fedeltà e ponendo le basi per una guerra tra poveri. Il vergognoso censimento-referendum, in atto in questi giorni, sarà la miccia di questa nuova guerra. Una guerra a colpi di bollini: punti in più per le famiglie numerose, generalmente immigrate; punti in più per i lavoratori, punti in più per gli inquilini proprietari e per le famiglie con vittime del sisma, punti in più per i residenti e cittadini italiani.
Le c.a.s.e. non sono un diritto di tutti, ma un "privilegio" di pochi e tutti si scanneranno per averne un pezzetto. Il vergognoso censimento imposto da Comune e protezione civile per avere diritto a un alloggio provvisorio, ha in realtà il solo vero scopo di nascondere ulteriormente la verità (non ci sono case per tutti) e di ottenere il consenso plebiscitario degli sfollati al piano case.
Un ennesimo atto di propaganda di questo regime di moderno fascismo, che nasconde gli orrori di una società iniqua e irriformabile e nega anche la libertà di pensiero e di espressione. Perché la verità è rivoluzionaria ed è solo con l'autorganizzazione, il rifiuto della delega ed un processo di democrazia diretta che è possibile rovesciare le politiche antipopolari e scongiurare la guerra tra poveri.
Il 10 luglio all'Aquila noi abbiamo osato. Eravamo circa 10.000 persone giunte da tutta italia per manifestare contro il "G8 dei potenti sopra 300 vittime innocenti". "Fuori gli sfruttatori", abbiamo scritto, "L'Aquila libera" abbiamo urlato, ma soprattutto una promessa abbiamo fatto:"una rivolta vi seppellirà".
Il G8 è finito, la lotta degli sfollati deve ancora cominciare. Senza deleghe, autorganizzati, per un movimento di occupazione delle case sfitte agibili come prima soluzione al problema più urgente.

All'Aquila si vive in stato di guerra
padroni assassini ridateci la terra

venerdì 10 luglio 2009

L'Aquila 10 luglio, report dalla manifestazione


Sabato 11 luglio, mentre leggiamo i giornali, si avvicina Nella, una signora che vive in una tenda davanti casa sua. E’ in compagnia di una ragazza che ci guarda con occhi luminosi. Non è difficile leggere nel suo sguardo la tenerezza della gratitudine di chi si è sentito avvolto dal caloroso abbraccio solidale di tante persone venute a manifestare a L’Aquila contro il G8. Nella ci riconosce dalle immagini viste in televisione. Vuole esprimerci la sua commozione nel vedere “tanti giovani, venuti addirittura dalla Sicilia, per manifestare al fianco degli sfollati aquilani” e si scusa, anche per conto di altri aquilani che non hanno partecipato alla manifestazione nazionale del 10 luglio, per l’ostilità mostrata dai rappresentanti dei comitati cittadini che non hanno aderito.
Ci spiega: “avevamo paura, c’erano tutte quelle scritte che dicevano che dovevamo starvi lontani”. “Dov’erano quelle scritte, sui giornali?” le chiediamo. “Anche - ci risponde lei – ma la polizia soprattutto le ha fatte girare”.
L’Aquila 10 luglio, circa 10.00 persone hanno partecipato alla manifestazione contro “il G8 dei potenti sopra 300 vittime innocenti”. Dietro lo striscione di apertura “Voi G8 siete il terremoto, noi tutt@ aquilan@”, c’era una delegazione di vigili del fuoco, accolta al grido di “rispettiamo solo i pompieri” e c’erano gli aquilani contro il G8, dalla rete di soccorso popolare ai sindacati di base. “fuori gli sfruttatori”, “crisi, terremoto, repressione non ci fermeranno”, “Una sola grande opera: ricostruire L’Aquila dal basso”, “assassinati alla casa dello studente. Diritto allo studio inesistente”, “meno f35 più case” recitavano i loro striscioni. Molte donne e giovani combattivi hanno animato il lungo corteo dalla stazione di Paganica alla villa comunale al grido di “L’Aquila libera”, “siamo tutti aquilani” e poi ancora: “liberi tutti”, “ci espropriano, ci sfrattano, ci danno polizia, è questa la loro democrazia”, “al g8 soldi tanti, agli aquilani calci ai denti, ma non siamo mendicanti!”. Molti slogans per ricordare l’assassinio di Carlo Giuliani, contro i licenziamenti della crisi prodotta dai potenti e soprattutto una promessa: “una rivolta vi seppellirà”.
Davanti ai cantieri di Bazzano del progetto C.A.S.E., abbiamo urlato “case sì, ghetti no”. Gli operai di quei cantieri lavorano giorno e notte e non vedono le proprie famiglie da mesi. Già si contano numerosi incidenti su quei cantieri, dove gli operai, soprattutto immigrati, lavorano anche fino a 12 ore al giorno, senza alcun controllo: la protezione civile è il dittatore dell’emergenza e qualcuno, andato a fare reclami all’ispettorato del lavoro, si è sentito rispondere: “lasciate perdere, dovete ringraziare le ditte legate alla moglie di Bertolaso se ora qui vi lasciano lavorare”. Si dice che al DICOMAC l’80% dei lavoratori impiegati durante il G8 dentro la scuola della guardia di finanza, lavorasse a nero. Davanti a quei cantieri abbiamo urlato “fuori, fuori gli sfruttatori” e gli operai si sono fermati e ci hanno salutato da lontano, anche a pugno chiuso. Nessuno di loro poteva raggiungerci da quei cantieri – prigioni a cielo aperto dietro le reti e i cordoni della polizia, ma hanno potuto bloccare i lavori per un po’ mentre il lungo corteo scorreva sotto i loro occhi.
A S’Elia, davanti a una tendopoli, abbiamo invitato gli sfollati a unirsi al corteo, al grido di “L’aquilano non si arrende, tutti fuori dalle tende”. Gli sfollati autonomi da dietro le reti hanno applaudito e dato ristoro come potevano ai partecipanti al corteo.
Nonostante il boicottaggio capillare a questa manifestazione, gli sfollati hanno capito da che parte stanno questi famigerati no-global e ora sanno che non sono soli, che la lotta contro i padroni della terra è una lotta di tutti e che “siamo tutti aquilani”.
I veri guastatori, i veri assassini sono coloro che hanno imprigionato un’intera città; i veri guastatori, i veri assassini sono coloro che hanno ignorato il rischio sismico; i veri guastatori, i veri assassini sono gli sciacalli al governo, sono le tutte le istituzioni e i partiti che hanno rilasciato autorizzazioni a costruire senza alcun vincolo di sicurezza, sono gli 8 potenti della terra, che su questa terra, lacerata dalla crisi e dal terremoto, spadroneggiano arroganti.

IL G8 E’ FINITO
LA LOTTA DEGLI SFOLLATI E’ APPENA COMINCIATA

Grazie a tutti i compagni che hanno lottato insieme a noi A tutti loro e a quelli che non sono riusciti a raggiungerci, ostacolati o repressi da questo Stato di polizia, va tutta la nostra solidarietà
rete di soccorso popolare

domenica 28 giugno 2009

Carla ha detto: "al meglio non c'è mai fine"


IN TRAPPOLA


Batterie di missili, caccia F16, cecchini sui tetti, elicotteri assordanti e molesti, oltre al Predator, che “discretamente” a quota oltre 3000 metri spia ogni nostro movimento anche quando ci “infrattiamo” per cagare. Noi non lo vediamo, ma sappiamo che è lì che ci scruta, come uno scienziato nazista osserva le sue cavie da laboratorio. Militari, polizia, digos da tutta Italia a sorvegliare ogni 10 metri la statale 80 dir, quella che dovrebbe essere interdetta al traffico veicolare e pedonale all’arrivo e alla partenza delle delegazioni. Facevano paura anche 2 giorni fa, quei mitra e quelle batterie di missili e quei cecchini piazzati sui tetti, che noi non vediamo, ma sappiamo che sono lì. Facevano paura anche 2 giorni fa, quando è scattata l’ordinanza di interdizione per il G8 anche per le greggi di animali, anche per i cani randagi sopravvissuti al terremoto, che animalisti e vigili del fuoco andavano ad alimentare nel centro storico. Tutti in gabbia adesso! Gli 8 grandi devono guardare le rovine del centro storico, ma non possono essere infastiditi da cani e da “cristiani”. I cani li rinchiudono nel lager di Bazzano (da dove non usciranno più, perché essendo cani convenzionati frutteranno almeno 3 euro l’uno al giorno all’associazione che gestisce quel canile a L’Aquila) e i “cristiani” che non sono riusciti a fuggire dal G8 restano rinchiusi nelle tendopoli. Agli sfollati di piazza d’armi hanno imposto addirittura di non uscire dalle tende e hanno circondato con altre reti la tendopoli. “Neanche un giro dentro il campo potrete fare” gli hanno detto. Un ragazzo, un proletario residente in piazza d’armi uscì a comprare le sigarette qualche giorno fa ed è stato aggredito e quasi linciato da 2 agenti americane in borghese ed altri, forse dei servizi USA o dell’FBI, che lo avevano individuato come “sovversivo” per via dei suoi tatuaggi. Gli hanno detto che, come tutti, doveva rifornirsi di viveri, medicinali e sigarette prima del G8, perché poi non sarebbe più potuto uscire dal campo e avrebbero chiuso anche tutti gli esercizi commerciali, compresi i tabaccai.
E così è stato. Può essere fiero ora il sindaco Cialente di essere “stato costretto” a chiudere, per ordine delle forze dell’ordine, almeno 78 attività produttive per il G8. Non che il suo parere sarebbe valso a qualcosa, ma almeno avrebbe salvaguardato la sua dignità e quella di un’intera città.
Lamenti, paura e rabbia, questo è quel che sta seminando questo G8 per l’evidente ingiustizia. Gli sfollati sempre più rinchiusi nelle tende; i pastori e le loro greggi non possono mangiare e circolare durante il G8; i lavoratori pendolari residenti nella zona rossa, che in seguito al censimento della digos hanno ottenuto un pass, devono subire controlli col cuore in gola ogni volta ai posti di blocco, per paura che parta “per sbaglio” un colpo dai mitra o un missile; gli abitanti della zona nord-occidentale della provincia di L’Aquila, quella fuori dal cratere, non hanno neanche avuto la possibilità di chiedere un pass, perché “non censiti dalla digos”. Questi ultimi non hanno via di scampo. In caso di malore o di forti scosse, non possono neanche fuggire: la S.S 80 è off limits. Al distretto sanitario di Montereale, a 36 Km a nord-ovest di L’Aquila, tra i monti della Laga e quelli del Gran sasso, c’è un cartello con su scritto: “non si effettuano esami del sangue ed altri accertamenti, causa G8”. L’ospedale da campo del G8 è DEL G8, per recarsi lì, in caso di necessità, bisognerà essere scortati dai carabinieri e superare una serie di filtri e controlli incompatibili con una situazione di pronto soccorso.
“C’è stato uno spostamento della crisi sismica verso nord dell’area epicentrale del movimento tellurico del 6 aprile…Nessuno può escludere che lungo questo asse si possano verificare altre scosse di notevole entità…la Protezione civile sa quello che deve fare”, dichiara Emanuele Tondi, docente di rischio terremoti presso l’Università di Camerino. Secondo i calcoli ufficiali dell’INGV, interpellata dalla protezione civile per l’organizzazione del G8, la probabilità che queste forti scosse si verifichino durante il G8 è del 26%.
Ora la caserma “Vincenzo Lo Giudice”, la cui antisismicità è stata opportunamente verificata in vista del G8, si trova ben 10-15-20 Km a sud del nuovo epicentro che potrebbe essere teatro di altre scosse al di sopra di 5-6 gradi Richter, ma la sola preoccupazione del duo Berlusconi-Bertolaso è stata quella di assicurare gli 8 grandi.
Per loro e solo per loro sono stati spesi oltre 500milioni per la sicurezza. Per loro e solo per loro è pronto un immediato piano di evacuazione in caso di forte sisma. Per loro e solo per loro i vigili del fuoco saranno impegnati a controllare la “tenuta” del bunker dove alloggeranno. Per loro e solo per loro si mobilita la protezione civile.
I comuni fuori dal cratere, prossime probabili vittime al 26% di un altro disastroso terremoto, attendono ancora risposta alle richieste di prevenzione da rischi sismici, lanciate dai sindaci alla protezione civile.
Ma se ci saranno altre scosse al di sopra dei 4 gradi Richter, gli 8 grandi saranno immediatamente evacuati verso Roma e gli abitanti di Arischia, Pizzoli, Capitignano, Campotosto, Montereale, Borbona e frazioni limitrofe, fino al reatino, staranno freschi ad aspettare i soccorsi! La SS. 80 è bloccata!
Nessun problema! A piazza d’armi sono arrivate da un po’ 1.500 bare (confidano alcuni finanzieri e forestali), saranno le casette su misura per i vecchi sfollati o per i residenti a nord di Coppito che potranno morire sotto altre scosse causa G8? Oppure il foglio di via per gli anti G8?
Intanto la zona rossa del G8 è ancora più ampia e deserta di prima, non volano neanche le mosche, l’unico rumore assordante che scuote i timpani, i vetri delle finestre e le mura già lesionate di Arischia, Pizzoli, Preturo, Coppito, Pettino, S. Vittorino e Cansatessa, è quello prodotto dalle eliche degli elicotteri militari.
Stanno uccidendo un’intera città 2 volte. Chi è sopravvissuto al terremoto è scappato per il G8. Si allunga la lista degli esiliati. Gli 8 grandi sciacalli deprederanno una città morta proprio grazie a loro, alle loro banche, al loro malaffare, alle loro speculazioni.
E’ vero, al peggio non c’è mai fine, ma chi resiste conosce anche un’altra verità, l’altro lato della medaglia di questa filosofia della rassegnazione, che ha ben sintetizzato una compagna che ha perso la madre e la sorella sotto le macerie, per mano di padroni assassini:

AL MEGLIO NON C’E’ MAI FINE!

Ed è con questo ottimismo, che deriva dalla nostra volontà, dalla nostra lotta, che diamo il nostro abbraccio di solidarietà a tutti gli studenti e i compagni che hanno perduto la loro libertà per la libertà di tutti. Ed è con questo saluto che diamo il caldo benvenuto a tutti coloro che vorranno essere al nostro fianco in un momento come questo, drammatico ma di lotta.

Vi aspettiamo a L’Aquila, venerdì 10 luglio, ore 14 alla stazione di Paganica

Per sentire insieme che “al meglio non c’è mai fine”
perché noi, uniti, siamo 6 miliardi, loro sono solo 8

Oltre la casa, il lavoro, la libertà e la vita dei nostri cari
non abbiamo più nulla da perdere

NOI CI SAREMO!

Rete di soccorso popolare

sabato 27 giugno 2009

L'Aquila 27 giugno, report della manifestazione

Ieri, 27 giugno, all'Aquila, circa 3000 persone hanno sfilato dalla tendopoli di Piazza d'Armi alla Reiss Romoli a Coppito (attuale centro di alcune attività del DICOMAC), passando davanti ai campi iperblindati Italtel 1 e Centicolella. Davanti all'imponente schieramento di forze dell'ordine e protezione civile, il corteo è partito al grido di "senza casa, senza paura", "riprendiamoci la città" ecc. Significativa la presenza di migranti provenienti dalla tendopoli di Piazza d'Armi, che non hanno ceduto, al contrario di molti "italianissimi", al ricatto intimidatorio della protezione civile (sembra che la stessa abbia promesso case agli sfollati che si fossero tenuti lontani dalle mobilitazioni). Tanti gli striscioni che ponevano in risalto il contrasto tra ricchezza e povertà di questo Stato di emergenza, contro il decreto Abruzzo, che di fronte al bisogno di casa, lavoro, istruzione e salute taglia i soldi alla sanità e alle famiglie povere per finanziare il G8. Al termine del corteo, Luigia, per la rete di soccorso popolare, è intervenuta al megafono, nonostante il tentativo di alcuni rappresentati dei comitati di chiuderle la bocca e ha spiegato sinteticamente le "99" ragioni degli sfollati aquilani e abruzzesi di manifestare e rendersi visibili durante il G8, ricordando come la decisione di spostare l'evento all'Aquila, sia stata presa come prioritaria nell'ambito del decreto Abruzzo, che non farà ripartire l'economia della città, ma la congelerà, imponendo la chiusura di tutti gli uffici e le attività produttive nei giorni dell'evento, espropriando le ultime risorse degli sfollati aquilani, dei contadini, dei senza casa, per costruire opere inutili, funzionali esclusivamente all'ennesima passerella dei potenti su questa terra martoriata.
Gli applausi che hanno seguito l'intervento della rete di soccorso popolare e i primi risultati dell'inchiesta, hanno smascherato da soli la velleità di certi rappresentanti dei comitati, di ergersi a legittimi rappresentanti di tutta la popolazione sfollata in mobilitazione, chiarendo, una volta per tutte, che sono gli stessi terremotati aquilani ed abruzzesi a pretendere di rendersi visibili con manifestazioni durante il G8.
Non ci è interessato e non ci interessa entrare nel merito delle polemiche messe in campo dalla stampa locale su quella che tutte le strutture di comando e controllo, dai mass media, alle istituzioni, alla protezione civile, fin'anche agli stessi rappresentati dei comitati, chiamano "infiltrazione no-global". Quella che loro chiamano "infiltrazione no-global", noi continuiamo a chiamarla contaminazione dei movimenti e solidarietà, agire comune per il bene comune e non per il bene di 8 potenti.
Sappiamo chi sono i nostri amici e i nostri nemici, non è la prima volta che conosciamo l'ingiustizia e sappiamo che la disinformazione di certi pennivendoli assoldati dai potenti serve solo a generare un clima di paura, preoccupazione e sospetto, per dividere i movimenti e paralizzarli.
Il futuro è nelle nostre mani, uniti e solidali siamo una potenza e facciamo paura
Divisi e chiusi siamo spacciati
Ed è quello che, anche tecnicamente, militarmente e attraverso una campagna di terrore mediatico, si propone di fare questo G8, quando Bertolaso dice: "questo G8 peserà molto alla popolazione aquilana, ci saranno gravi limiti per almeno 48 ore alla mobilità degli sfollati, ma mi auguro nessuno osi protestare". In fondo 48 ore di carcere duro, per chi ha commesso il reato di essere terremotato, cosa sono?

Qui non vediamo l'ora che finisca questa tortura del G8 e che se ne vadano tutti affanculo, Berlusconi, Bertolaso, forze del disordine e altri invasori.

Ci espropriano, ci sfrattano, ci danno polizia è questa la loro democrazia!

Rete di soccorso popolare

giovedì 18 giugno 2009

...E sempre allegri bisogna stare, che il nostro piangere fa male al re...

Spendono miliardi in opere inutili e dannose
a noi neanche le briciole
Spendono miliardi in armamenti
a noi arrivano solo questi ultimi, con la canna puntata verso di noi, con i razzi intorno alla scuola della guardia di finanza e all'aeroporto di Preturo, con i cecchini sui tetti delle case agibili
Ogni sfollato ha un badge, una tessera magnetica personale con tanto di codice a barre, per entrare e uscire dal campo, per girare dentro il campo, per andare a mangiare.
La Protezione civile, la polizia, i militari controllano ogni nostro movimento
Sorvolando con gli elicotteri le zone terremotate, la protezione civile ha scoperto circa 380 "abusivi".
Ai terremotati accampati fuori dai lager delle tendopoli tolgono le tende e il cibo, così sono costretti ad andare in quei campi di concentramento.
Ma in quello di Preturo ultimamente sono finite le scorte e c'è chi pensa che lo chiuderanno in vista del G8. Chi vive e lavora nella zona di Preturo e Coppito, è stato invitato caldamente ad andarsene, oppure a recarsi in questura per avere il permesso di uscire ed entrare di casa o di tenda per motivi di lavoro. Ma in questura sono finiti i permessi della protezione civile e i fortunati che hanno trovato un lavoro dopo il sisma saranno probabilmente costretti a lasciarlo per i giorni del G8.
La militarizzazione è sempre più imponente, posti di blocco ovunque.
Terreni prima coltivati a grano sono stati espropriati per ampliare l'aeroporto, per costruire una superstrada in funzione del G8, per costruire una trentina di case destinate ad alloggiare le delegazioni del G8 (per l'occasione Berlusconi ha stipulato commesse con i migliori mobilieri italiani: "solo mobili di pregio per gli 8 grandi!")
Per questo maledetto G8 spenderanno più di 400milioni di euro
Per i terremotati invece niente, gli tolgono caffè e alcolici per evitare che si innervosiscano e li finiscono di intontire con le messe. Ma si sa, anche gli sfollati sono fatti di carne e l'occhio vuole la sua parte, così dopo i clown, gli spettacoli folkloristici e gli strizzacervelli hanno fatto un'altra bella pensata per "allietare" la loro prigionia: il concorso di bellezza "Miss tendopoli Abruzzo"

per una rete di soccorso popolare

mercoledì 17 giugno 2009

16 giugno a Roma, report della manifestazione


Eravamo circa 2000 sfollati in p.zza Venezia Dietro lo striscione di apertura, "forti e gentili sì, fessi no, ricostruzione - trasparenza - partecipazione", tanti altri striscioni e cartelli e speranze: "Berlusconi facci sognare, crepa", "via Bertolaso, la ricostruzione agli abruzzesi", "non atTENDEremo più", "Aquilani espropriati, 2 volte terremotati", "Berlusco' non te fa revedè all'Aquila", "verba volant sisma manet" ecc. Ci siamo diretti in corteo davanti a Montecitorio e hanno cercato di bloccarci e di deviarci, ma non ci sono riusciti (http://ilcentro.gelocal.it/multimedia/home/6472062). "Senza casa, senza paura" abbiamo urlato e abbiamo forzato il blocco al grido di "vergogna, vergogna", "buffoni buffoni". Ci siamo diretti con forza davanti Montecitorio e all'ingresso nella piazza della coda del corteo abbiamo urlato "all'Aquila si vive in stato di guerra, governi assassini ridateci la terra!". Abbiamo montato una tendopoli davanti Montecitorio e abbiamo urlato "siete bravi solo alla TV, governo Berlusconi in tenda vacci tu!" "noi vogliamo solo i pompieri" ecc.
Verso le 14,30 si è accavallata alla nostra un'altra manifestazione, quella delle guardie giurate di Roma, che al grido di "ladri, ladri" e fischi a non finire, ha coperto per un po'l'attenzione verso i terremotati (gli avevano detto che alle 14 la nostra manifestazione si sarebbe sciolta). Quando è arrivata la notizia che il decreto 39 stava passando tal quale, silenzio e disorientamento per qualche minuto, poi "ma quale civile, ma quale protezione, Bertolaso sei un servo del padrone!", "gli sfollati vi aspettano al G8" e una signora aggiunge "ci sarà un nuovo '48" e un'altra "un altro '68". Nel corso della manifestazione è stato letto, distribuito e sottoscritto l'appello-petizione che chiama a costruire questa mobilitazione. L'appello letto al megafono è stato molto applaudito e condiviso. Inoltre è stato rilanciata al megafono l'assemblea nazionale a l'Aquila sul G8 (il 21 giugno ore 11 al parco unicef di via Strinella), per far sì che quanto meno tutti i partecipanti alla manifestazione di Roma possano intervenire. Dopo l'ennesima beffa del governo verso i terremotati, ci siamo diretti in un corteo improvvisato verso la residenza romana di Berlusconi, bloccando il traffico anche con sit-in e infine abbiamo chiuso il cerchio a piazza Venezia. Prossimo appuntamento, dopo l'assemblea nazionale sul g8 del 21, sarà una manifestazione degli sfollati all'Aquila il 27 giugno (in occasione della conversione in legge del decreto 39, che partirà con ogni probabilità dalla scuola della guardia di finanza che ospiterà il g8, ossia la sede del DICOMAC (direzione di comando e controllo).
Luigia, per una rete di soccorso popolare

martedì 16 giugno 2009

Il G8 ci riguarda tutti, ma adesso e qui, riguarda soprattutto gli aquilani

Dei quasi 400milioni di euro stanziati per il G8 alla Maddalena, saranno comunque spesi più di 327 milioni di euro per le opere avviate in Sardegna (fonte protezione civile nazionale: www.g8italia2009.it), cui andranno ad aggiungersi 90milioni di euro per garantire la sicurezza al G8 dell'Aquila e i 900mila euro per l'adeguamento dell'aeroporto di Preturo, per un totale secco di € 418.400.000, più della spesa prevista nel 2011 per la ricostruzione in Abruzzo dal decreto 39.

Noi Aquilani abbiamo almeno 5 ragioni per manifestare durante il G8
Sanità, cambiamenti climatici e sicurezza, prevenzione e gestione delle calamità naturali, sviluppo, crisi e governance, questi i temi all'agenda del G8.
Sanità - Al G8 si parlerà di lotta alle pandemie, ma nei campi ci si ammala e all'ospedale non è ancora possibile fare analisi del sangue per lo spostamento, nell'area che prima accoglieva il laboratorio di analisi, dell'ospedale da campo del G8. Il reparto malattie infettive non esiste più e i casi di tubercolosi rilevati in alcuni campi sono stati trasferiti fuori regione. Le altre malattie da tenda (gastroenteriti, bronchiti, polmoniti, asma ecc.) rimangono in tenda e il loro controllo rimane problematico se non si eliminano gli agenti eziologici determinanti e predisponenti (clima, alimentazione, sovraffollamento).
Clima e sicurezza - saranno i poveri a subire le conseguenze più rigide dei cambiamenti climatici prodotti dall'inquinamento e dalla devastazione selvaggia del territorio per il profitto di pochi. Questo sistema economico non è ecosostenibile e i terremotati d'Abruzzo ne sono testimoni: chi ha costruito solo per il profitto ha dato loro case insicure, chi ha provocato i cambiamenti climatici li espone ora ad intemperie insostenibili anche dalla stessa protezione civile.
Prevenzione e gestione delle calamità naturali - sono i fatti a parlare e gli aquilani su questo hanno ancora molto da raccontare, da dire, da urlare
Sviluppo - quale sviluppo senza partecipazione? L'unica partecipazione che ci viene chiesta è quella di tirar fuori i soldi che non abbiamo più, colpendo, con il decreto 39, il sud e le famiglie povere, tagliando il Fas (fondo aree sottoutilizzate), il bonus famiglia, la spesa farmaceutica e le nostre ultime illusioni con nuove lotterie e gratta e vinci. Chi ha ancora un lavoro o un'attività produttiva può sperare nel credito d'imposta o nei mutui agevolati, chi non li ha si vedrà espropriato da Fintecna delle macerie che gli sono rimaste e i residenti confinati nelle baraccopoli. Ma si sa, Bertolaso "trasforma le catastrofi in oro zecchino" (www.avetrana.org), sarà per questo che non le previene?
Crisi e governance - L'Aquila con il terremoto, è diventata il simbolo della crisi e con il post-terremoto la cartina tornasole dei rimedi ad essa, che si annunciano peggiori dei mali che l'hanno causata. I pilastri della nuova economia globale sono letteralmente crepati sopra 306 aquilani, sotto il peso del profitto. Quei tondini lisci, ammucchiati solo da un lato senza collegamento con le staffe, quel cemento sabbioso, che si è sbriciolato sopra le teste di chi non c'è più, non sono frutti del fato, ma di un capitalismo scellerato, che ha messo al primo posto il profitto anziché la sicurezza, la vita umana. Non il terremoto ci ha uccisi, ma l'incuria per il profitto, seminando lutti, precarietà, disoccupazione, miseria. I rimedi a questo male non possono prescindere dalla denuncia e dalla messa in discussione di ciò che lo ha generato, né dalla partecipazione dal basso e dalla libera espressione delle popolazioni colpite. I rimedi a questo male imposti invece dal governo e dai potenti della terra, che dall'8 al 10 luglio convergeranno all'Aquila per il G8, vanno in direzione opposta: ai disagi, alla precarietà, alla mancanza di un futuro delle popolazioni sfollate rispondono con la militarizzazione, la mancanza di diritti, il via libera a nuove speculazioni edilizie, l'utilizzo della solidarietà nazionale e del volontariato come forme di controllo sociale. Assistenzialismo-Carità contro Autogestione-Partecipazione. Il ruolo della protezione civile e del volontariato è vissuto come forma di rapina di reddito e lavoro dalle popolazioni terremotate e l'esclusione dei cervelli e delle braccia aquilane dai progetti per la ricostruzione rafforza l'immagine di una protezione tutt'altro che civile e partecipata. La protezione civile, per la Costituzione italiana, dovrebbe svolgere ruoli di prevenzione e di controllo dell'emergenza, non essere investita di pieni poteri anche nella fase della ricostruzione. E invece sin dal primo governo Berlusconi le competenze della protezione civile, con a capo Bertolaso, sono andate ben oltre i limiti costituzionalmente definiti: dalla gestione delle emergenze all'organizzazione dei "grandi eventi" come il G8, alla ricostruzione e ogni volta i fondi erogati dal Tesoro sono stati spesi senza preventivi, regole e autorizzazioni, reclutando in tutta tranquillità architetti, studi professionali e ditte guarda caso del giro Fininvest.
Contro la crisi globale il governo italiano propone Flessibilità - come quella dei 353 dipendenti della Transcom licenziati e trasferiti col pretesto dell'inagibilità della sede -, Un "nuovo codice per le economie mondiali" - come quello stabilito dal decreto 39, in deroga ai principi per la trasparenza, la democrazia, la salute ambientale -, Sicurezza - come quella degli sfollati alimentati con carne avariata e cibo scaduto, delle case che si sono sbriciolate, del lavoro che abbiamo perso, del silenzio sulle nostre denunce e rivendicazioni prima per le elezioni ora per il G8 -, Aumento delle spese militari, ritorno al nucleare e grandi opere - come i 15 miliardi di euro per l'acquisto dei caccia statunitensi F 35, come i 100 milioni di euro di tassa occulta nella bolletta elettrica per il nucleare, come i 47 miliardi di euro per la TAV, i 6 miliardi di euro per il ponte sullo stretto ecc.-. Oltre a tutto ciò, il governo spende soldi pubblici per mandarci in crociera nei giorni del G8 e poi viene a dirci che non ci sono i soldi per la ricostruzione in Abruzzo!

Ma la mamma di tutte le ragioni...
è la strumentalizzazione del nostro dramma per allontanare da noi la vera solidarietà, è tenerci zitti per dar fiato alla propaganda di un sistema in crisi, che usa la nostra terra come palcoscenico per proclamarsi vincitore, i nostri corpi come ostaggi, i nostri bisogni per ricattarci. Dall'8 al 10 luglio tutti i riflettori del mondo saranno puntati sul G8 all'Aquila. Non possiamo permetterci il lusso di stare zitti, invadiamo la città con la nostra presenza, la nostra rabbia, i nostri bisogni.

Manifestiamo ovunque, ma manifestiamo all'Aquila in occasione del G8!

Noi aquilani, dai campi e dagli alberghi torneremo in città perché riteniamo che la voce della popolazione terremotata debba essere ascoltata e sostenuta da tutti e in occasione dell'appuntamento del G8 salutiamo e accogliamo tutti coloro che dalle altre città vogliono venire a manifestare, a portarci un'autentica solidarietà dal basso e a rafforzare la nostra lotta per la vita, non la nostra passività per la sopravvivenza!

Rete di soccorso popolare