"chi fa da sé fa per 3"

Questo blog è nato come un blog di controinformazione dopo il sisma del 6 aprile 2009. Ora che i riflettori su L'Aquila si sono spenti e l'unico terremoto che investe la città è quello della crisi generata da questo sistema capitalistico che deve essere rovesciato, esso rimane in vita per dare voce ai senza voce, a coloro che, pur vivendo e lottando in questa città, non trovano spazio nei media, anche se si definiscono "liberi e indipendenti"

venerdì 26 febbraio 2010

L’Aquila, quando la Protezione è poco civile

di Valerio Ceva Grimaldi

BUROCRAZIA. Filomena attende da 6 anni una casa popolare. Non può firmare un contratto d’affitto, pena la decadenza dalla graduatoria. Ospitata in una caserma, da stasera rischia di andare per strada. Per la legge è una senza fissa dimora.


A Roma continua la bufera sui vertici della Protezione civile. Appalti sospetti, intercettazioni imbarazzanti, squallide risatine. Intanto, però, a L’Aquila si continua a vivere la realtà del difficile ritorno alla normalità. Difficoltà che, nel caso della signora Filomena, ultrasessantenne, nel silenzio delle istituzioni, in queste ore si stanno trasformando in vero e proprio dramma. Da stasera, infatti, a causa di una burocrazia sempre più schizofrenica, la signora non avrà più una stanza dove dormire. Nonostante sia perfettamente in regola. Ma andiamo con ordine.

Filomena è protagonista di una storia che ha davvero dell’incredibile. Ha vissuto dal 1967 a L’Aquila in un appartamento a equo canone da cui è stata sfrattata nel 2005 per scadenza di contratto. Seguendo l’iter di legge, e non possedendo una situazione economica adeguata, nel 2003 ha fatto domanda per ottenere una casa popolare. è entrata in graduatoria anche per provare a ottenere almeno una cosiddetta “casa parcheggio”. Nel frattempo, non potendo firmare un contratto d’affitto pena la perdita della priorità nella graduatoria per l’assegnazione di una casa popolare, ha trovato un posticino presso l’appartamento di alcuni amici. Con il terremoto, però, la casa dove alloggiava è stata dichiarata inagibile.

E qui comincia il calvario. Filomena è stata prima portata nei treni adibiti dalla Protezione civile per il soccorso ai terremotati, poi ospitata in una caserma della città. Intanto, la sua richiesta di un alloggio, inviata a seguito del sisma del 6 aprile, è stata rigettata dalla Protezione civile. Il motivo? Al momento del terremoto la signora non era titolare di un contratto di locazione. Formalmente, per la legge, era una senza fissa dimora. Condizione, peraltro, comune a molte altre persone. Ed è a questo punto che la protagonista di quello che di lì a poco sarebbe diventato un dramma viene travolta dal buco nero dell’italica burocrazia. Infatti, se Filomena avesse concluso un contratto di locazione «che non avrei nemmeno potuto permettermi», spiega a Terra, avrebbe automaticamente perso il diritto all’assegnazione di una casa popolare. Dalla Protezione civile le hanno detto che della sua situazione avrebbe dovuto occuparsene il Comune.

Dal Comune le hanno risposto di non avere competenze sulla questione e che, indirizzandoli a loro, la Protezione civile voleva solo lavarsi le mani del problema. Tanto per non tradire un’altra italica abitudine, che troppo spesso degrada nello scaricabarile. Filomena, sempre più provata, torna più volte per chiedere spiegazioni. Per chiedere un posto dove stare. Risultato? Nulla. Solo un continuo, e un po’ mortificante, andirivieni da un ufficio all’altro. Ieri, poi, la situazione è peggiorata: le è stato notificato dai Vigili urbani l’invito a lasciare entro 24 ore la camera della caserma che fino ad ora l’ha ospitata. Senza che le venisse prospettata una soluzione alternativa. Se non la strada. Se non tornare a chiedere ospitalità a qualche conoscente. «Eppure sono in graduatoria per avere una casa popolare, finanche una casa-parcheggio. Da 6 anni sto aspettando. Ma la casa non me l’hanno mai data. Mi hanno sempre risposto che non ce n’erano. Eppure a molti le hanno date. E allora c’erano!».

In televisione i nuovi alloggi del progetto C.a.s.e. hanno fatto faville. Peccato che Filomena potrà continuare a vederli solo in tv. Non aveva un contratto di locazione. E quindi, per lei, niente casa. «Pensi», ci rivela con un filo di voce, fiaccata dalla fatica, «che alcune di queste abitazioni sono persino disabitate. Qualcuno appende qualche panno ai balconi per fingere che ci sia qualcuno, ma le case sono vuote». Per Filomena, ora, la vita si fa sempre più dura. I figli sono lontani. Fanno quello che possono. Intanto, però, tutte le altre famiglie risultate idonee per avere la casa dalla Protezione civile, pur avendo avuto l’ultimatum a lasciare la caserma, sono state fatte alloggiare in alberghi in attesa della consegna degli alloggi.

Solo per lei e per le persone che vivono una situazione simile non è stato previsto nessun alloggio provvisorio. Stasera, per Filomena, sarà la prima notte “fuorilegge”. «Dormirò lo stesso in caserma. Rischio che mi portano via. Ma che posso fare?». Sulla nota del vicecommissario vicario per la Ricostruzione è scritto che “la signora è diffidata dal lasciare entro 24 ore dalla notifica del presente atto la caserma. In difetto si provvederà a esecuzione forzata”. Il foglio è redatto dall’Area assistenza alla popolazione. Oltre al danno, la beffa di un’amarissima ironia della sorte.

Filomena Boccia invita coloro che hanno ricevuto analoga lettera di sfratto a mettersi in contatto con lei per organizzarsi. Il suo n. di telefono è 347.0948369. L'unione fa la forza!

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