"chi fa da sé fa per 3"

Questo blog è nato come un blog di controinformazione dopo il sisma del 6 aprile 2009. Ora che i riflettori su L'Aquila si sono spenti e l'unico terremoto che investe la città è quello della crisi generata da questo sistema capitalistico che deve essere rovesciato, esso rimane in vita per dare voce ai senza voce, a coloro che, pur vivendo e lottando in questa città, non trovano spazio nei media, anche se si definiscono "liberi e indipendenti"

domenica 28 ottobre 2012

Processo commissione grandi rischi: Non è un processo alla scienza!

Di seguito una lettera aperta pubblicata su "Il centro" la scorsa settimana:

C'è puzza di bruciato in giro. In tempi di società solida le opinioni si formavano attraverso i grandi dibattiti pubblici, i "fini" intellettuali, appassionati convegni. Nella modernità liquida tutto viene frullato attraverso i talk-show. Oggi l'intellettuale moderno è la televisione. Ma veramente vogliamo far credere che la sentenza sui grandi rischi rappresenta un bavaglio al libero pensiero? Lo sciame sismico andava avanti da mesi, bisogna rassicurare i peones aquilani. Gente di montagna, quindi dura di "comprendonio". Quale miglior mezzo se non una bella commissione di grandi esperti? Tutti luminari che hanno sentito il bisogno di soccorrere il potente di turno.Dopo quasi 4 anni tutti hanno dimenticato B&B, Italiani brava gente. Come diceva Flaino "Siamo bravi nel soccorrere sempre i vincitori". Non è la prima volta. Quando nel 1931, il regime fascista chiese un giuramento di fedeltà ai professori universitari, solo una dozzina su oltre 1600 rifiutarono di piegarsi al ricatto autoritario e violento. Molti erano emigrati (come sono costretti, oggi, molti giovani) Piero Sraffa esule dal alcuni anni insegnava a Cambridge, e i grandi cervelli della fisica erano in America. Qualcosa di molto simile sta succedendo in questo paese dove per due volte hanno trovato forma politica totalitarismo e barbarie mediatiche e televisive. Oggi mentre è in atto una barbaria sociale e politica il mondo accademico è in prima fila per gestire le politiche di austerità e della riforma classita della scuola. Nella fase della modernità non c'è bisogno di giuramenti. Ci sono altri mezzi, silenti e persuasivi per ottenere obbedienza. No quella sentenza apre una discussione sulla tenoscienza, le sue manipolazioni, il suo asservimento al potere di turno. La scienza non è neutra, non è stata mai neutra.

Tempera, 24 ottobre 2012
Alfonso De Amicis

lunedì 26 aprile 2010

Dopo il super commissario del Salaria Sport Village il super poliziotto di Viareggio

L'Articolo su Left, querelato dal Prefetto dell'Aquila


Un prefetto successore

Le inchieste su Br e terrorismo. Il comando dei servizi segreti. Poi il governo lo manda a l’Aquila. Dove dovrebbe controllare gli appalti. Ma si scaglia contro le carriole. Biografia non autorizzata di Franco Gabrielli, il poliziotto che succederà a Bertolaso come capo della Protezione civile

di Angelo Venti e Manuele Bonaccorsi

Sono legati a doppio filo. Da quella mattina del 6 aprile, la frenetica riunione di governo che ha tracciato il futuro de L’Aquila. Guido Bertolaso, capo della Protezione, nominato commissario straordinario all’emergenza terremoto in Abruzzo; Franco Gabrielli, ex poliziotto, ex capo del Sisde, prefetto del capoluogo colpito dal sisma. Da allora hanno lavorato fianco a fianco. Rendendo indistingubili i loro ruoli. Gabrielli ha fatto tutto il possibile affinché controlli troppo indiscreti non rallentassero i lavori delle new town. Ha difeso il commissario quando le indagini della Procura di Firenze ne infagavano l’immacolata figura. Ha duramente definito «cialtroni» i carriolanti aquilani e ha minacciato di usare la forza contro di loro. Pedissequamente la Digos ha ubbidito, sequestrando tre pericolosi mezzi arrugginiti, guidati da altrettanti sfollati, denunciati. Dall’antiterrorismo all’ambiente intricato delle spie italiane, Gabrielli approda al sequestro delle carriole.

mercoledì 7 aprile 2010

Lettera da una sfollata alloggiata alla caserma Campomizi

Giro di vite alle visite alla campomizzi
A seguito della occupazione di una stanza presso la Campomizzi da parte di Anita, coraggiosissima donna di 85 anni che si rifiuta di stare ancora sulla costa, in assoluta solitudine, alle h. 19,00 circa, dopo l'arrivo per il secondo giorno consecutivo delle forze dell'ordine (come da regolamento della SGE, struttura gestione emergenza!), è stato affisso in bacheca un ridicolo volantino di cui vi sottolineo una piccola, ma significativa parte: "I Visitatori giornalieri non possono essere ospitati per la notte....; si specifica inoltre che con decorrenza immediata, anche al fine di garantire la migliore convivenza tra le esigemze degli sfollati e le esigenze degli universitari ( che non ci sono, salvo 3 ragazzi), non sono ammessi ingressi se non per visite ad ospiti che esprimono, in forma scritta,il proprio assenzo alla visita stessa, e in ogni caso non oltre le ore 22,00". Fate girare. E' una vergogna. Vogliono esercitare un controllo interno. Qui si sono spaventati tutti, perché abbiamo fatto entrare dei giornalisti e perché c'è Anita che, pur piangendo, non andrà via.
Bisogna fare qualcosa e fargliela scoppiare la bomba degli anziani a questi maledetti stronzi.

Anita, sfollata di 83 anni, “occupa” la caserma Campomizzi dell’Aquila

Fonte www.politicambiente.it

Quando si dice “nomen omen”, il destino nel nome… Anita, aquilana di 83 anni, ha proprio la tempra della garibaldina: dopo mesi da sfollata, da sola in una stanza d’albergo sulla costa abruzzese, tre giorni fa ha occupato una stanza di una caserma dell’Aquila, dove sono ospitati altri terremotati. La struttura Campomizzi è però da settimane al centro di una contesa e di un’assurda pretesa: quella di farvi entrare, nei posti letto liberi, non altri terremotati ancora fuori città ma universitari in affitto, per i quali in un anno non sono state trovate altre soluzioni migliori di questo odioso compromesso. Il risultato di queste scelte politiche è quello di aver creato l’ennesima guerra tra poveri. I cittadini senza casa si chiedono infatti perché abbiano maggiore diritto degli studenti fuorisede, rispetto alle migliaia di sfollati sparsi su tutto il territorio abruzzese, per i quali tra l’altro vengono spese somme che potrebbero essere risparmiate e impiegate nella ricostruzione. Dall’altro lato gli stessi universitari vengono strumentalizzati in questo braccio di ferro, loro malgrado. Eppure – sia per gli studenti sia per gli altri cittadini – sarebbero bastati, come era stato chiesto dai comitati civici fin dall’estate scorsa, i moduli provvisori e le case mobili, che non hanno nulla a che vedere con i container e che una volta terminata l’emergenza del post-terremoto all’Aquila sarebbero potuti servire altrove. La storia di Anita è quella di migliaia di aquilani, soprattutto anziani, ancora sfollati sulla costa, dove i media non arrivano e che per questo restano un esercito di invisibili. Anita è scampata al terremoto, salvata da un “giovane angelo” – come lei lo chiama – di nome Leonardo. La casa di questa signora, in pieno centro, è inagibile. Come molti altri, anziani e non, una volta chiuse le tendopoli è stata “deportata”. Lei non aveva figli ai quali unirsi e nell’assegnazione della destinazione (perché di questo si è trattato, non di scelta) non è stato considerato che all’Aquila ha un fratello, una sorella e i nipoti. Oltre ai ricordi di tutta una vita. A Montesilvano (Pescara) è stata mandata completamente sola. Perché per lei, e per moltissimi altri, non c’è ancora posto nella “sfida gigantesca” (ultime parole di Bertolaso), che si vuol far credere di aver vinto all’Aquila. Nel post-terremoto la “politica”, così hanno avuto il coraggio di chiamarla, è stata quella di lasciare fuori dalla città i nuclei di due persone o le persone sole, privilegiando il (sacrosanto) rientro all’Aquila delle famiglie con bambini, perché altrimenti, si diceva mesi fa, “la città sarebbe morta”. Neanche tra le righe questo voleva dire: altrimenti sarebbe stata una città di vecchi. Ma questa scelta non è bastata, e non basterà, a far rinascere la città di Federico II. La situazione è sotto gli occhi di tutti: il territorio ora rischia davvero di spopolarsi, proprio di giovani, per la mancanza di lavoro, per una ricostruzione che non parte, per una gestione del dopo terremoto distante dai veri problemi dei cittadini. Anita ha tutto all’Aquila e niente a Montesilvano: ha trascorso un’intera vita nel capoluogo abruzzese, dove viveva nel cuore della città e dove per quarant’anni ha avuto una tabaccheria. Era sposata con un maresciallo, che adesso non c’è più, e ha fatto parte della Croce Rossa. “Abbiamo dato tanto agli altri. Ed ora che è ho bisogno io?”, chiede quest’anziana, con gli occhi pieni di lacrime, spaurita ma al tempo stesso forte e fiera. A Montesilvano, come migliaia di anziani che si trovano ancora negli alberghi lontani, dove devono essere tenuti nascosti e zitti perché non esca fuori il fallimento della politica delle promesse, Anita passa giornate intere dentro una stanza d’albergo, dove l’unica cosa che si può fare è pensare: ai ricordi, allo sradicamento presente, ad un futuro più incerto e malinconico di quanto già non lo sia quando la maggior parte della propria vita è alle spalle. Per queste persone la depressione è il minimo. Molti anziani sanno che non rivedranno L’Aquila ricostruita, bella com’era, ma sanno anche che forse non la rivedranno proprio. Molti vecchi, dal 6 aprile 2009, sono già morti da sfollati, sradicati e disorientati. Dopo una vita di sacrifici si pensa di poter godere gli ultimi anni tra i ricordi nel posto del cuore, dell’infanzia, dei primi amori, del grande amore. E invece non è così, neanche questo lo Stato riconosce come diritto. Dopo l’occupazione della stanza presso la caserma sono arrivate due volte le forze dell’ordine ma Anita è rimasta. “Io da qui non me ne vado. Ci sono tanti posti liberi”, racconta. A quel punto, il 2 aprile, è giunta presso la caserma una comunicazione da parte della Struttura per la Gestione dell’Emergenza (Area assistenza alla popolazione), ufficio che si trova presso il Comune. Nel documento (prima foto nella galleria in fondo alla pagina) si ribadisce che “i visitatori giornalieri non possono in nessun caso essere ospitati per la notte” e che possono restare fino alle 22. Un modo, spiega Antonietta Centofanti (promotrice del Comitato Familiari Vittime della Casa dello Studente e ospite anche lei della Campomizzi), per aumentare i controlli su chi entra e chi esce dalla struttura. Nelle due caserme dell’Aquila messe a disposizione dei terremotati, la Campomizzi e la Caserma della Guardia di Finanza di Coppito, ci sono circa 600 posti liberi, ribadisce Centofanti. Che si aspetta a far tornare gli aquilani sparsi altrove?
“Politicambiente” seguirà gli sviluppi di questa e di altre storie simili. Anita vincerà la sua battaglia, ce l’ha scritto nel nome e nella tempra, anche perché deve fare da avanguardia al ritorno di migliaia di aquilani, e dei più vecchi, nella città. Perché L’Aquila non può rinascere senza gli anziani, la memoria storica più preziosa che ogni comunità possa avere.

Guarda il video di RepubblicaTV

venerdì 2 aprile 2010

Sequestri, denunce e scomuniche


Sequestri, denunce e scomuniche
L’attacco congiunto di Stato e Chiesa al popolo delle carriole
Dopo l'intimidazione del Prefetto che imponeva il silenzio elettorale anche alle carriole, il sequestro domenica da parte della Digos di queste terribili armi di distruzione di massa e l’identificazione di decine di scarriolanti, arrivano, insieme alle denunce anche le “scomuniche” della Curia al popolo delle carriole.
A margine di una cerimonia in Vaticano l'arcivescovo dell'Aquila, Giuseppe Molinari, leva il suo allarme: «Sembra che ci sia qualcuno molto interessato alle “carriolate” perché vuole creare dal punto di vista politico un gruppo che abbia autorità nella ricostruzione ... per poter entrare poi nella cabina di regia delle attività di rimozione delle macerie e di ricostruzione ... Ogni tanto succedono degli episodi poco simpatici ed io non ho paura di dire che spesso ci sono delle strumentalizzazioni di gruppi che vengono da fuori e che non hanno niente a che fare con L’Aquila vera» e ancora: «Proprio ieri è venuto da me un amico, che ha anche un posto di responsabilità in città, e mi ha detto di essere preoccupato perché ha sentito dire che il giorno di Pasqua vogliono fare i turni per togliere le macerie. Ma non è possibile, almeno la Pasqua ce la lascino libera! »
Forse sarebbe il caso di ricordare a sua Eccellenza i principi morali a cui il “buon pastore” dovrebbe ispirarsi, prima di scagliare anatemi così “coraggiosi” sui terremotati, su chi è rimasto praticamente senza niente, sui poveri, su chi è schiacciato da interessi politici ed economici enormi e si autorganizza per dar voce ai propri bisogni. Ma qualcuno lo ha già fatto e meglio di noi.
Quello che emerge chiaro e forte dalle parole del Vescovo e dall’azione sinergica delle forze governative e poliziesche è che, come un anno fa, guai a chi osa disturbare il manovratore, intralciare i piani di Governo, Regione, Provincia, Comune e, soprattutto, la saggia regia di San Guido Bertolaso, della Curia e il suo gregge, quello dei Gentiluomini di Sua Santità, procacciatori di appalti, escort e gigolò seminaristi, di tutti quelli che a un anno del terremoto hanno lasciato le macerie al loro posto, disperso gli sfollati, lucrato enormi affari dal G8, la costruzione delle C.A.S.E., l’acquisizione da parte della Curia di strutture, terreni e soldi pubblici, come il complesso religioso di piazza d’armi o la nuova casa dello studente.
Questa è "L’Aquila vera" che l'arcivescovo vorrebbe difendere, non quella degli aquilani di buona volontà, che con il loro lavoro e la solidarietà si rimboccano le maniche per ricostruire le proprie case, la propria città.
La libertà per noi, Signor Vescovo, Signor Prefetto, vale ben più di una denuncia o di una scomunica. La libertà per noi è partecipazione, non celebrare i propri riti in una città fantasma in mezzo ai detriti, dove, tra il silenzio elettorale e quello degli agnelli si spegne anche l’ultimo sogno di veder risorgere, insieme al Cristo, anche la nostra città.

Sfollati autorganizzati